L’albero della vita

L’albero della vita

L’albero della vita

L'ora del tramonto era quella che preferiva per passeggiare, dopo aver scostato la pesante tenda che in estate faceva da porta, si incamminava lungo il sentiero che conduceva al frutteto dietro casa: amava la sensazione di quell'erba arsa,di quei ciuffi di rucola selvatica dall'aroma pungente che sparsi qua e là crocchiavano fragranti sotto i suoi piedi scalzi, mischiandosi al profumo della frutta maturata sotto un sole così prepotente come nessuno a memoria di decenni ricordava, in quella calda estate che sembrava non avere fine.

 Li amava tutti i suoi alberi, tanto che ad ognuno aveva dato un nome, sussurrato accarezzando tronchi e foglie, seguendone nodi e venature come a nutrirsi lei stessa di quella linfa vitale che sentiva scorrerle nelle vene come un'onda di energia al solo contatto.

Poi nell'eco lontana della campana del vespro lo vide, in fondo al giardino, ad apettarla come ogni sera; decisamente sproporzionato-pensava lei- con il tronco troppo corto per sostenere tutte quelle fronde che si diramavano da lui fino quasi a toccare terra sotto il peso di tutti quei frutti.

 Non voleva avere un albero preferito, ma lui sembrava attirarla a sé con un fascino misterioso, sapeva sedurla con un richiamo ancestrale che andava al di là del puro e semplice gusto zuccherino dei suoi frutti a cui lei fra l'altro non sapeva resistere.

Quando furono vicini lei si abbassò per entrare all'interno del suo cerchio magico fatto di ombra e sole che filtrava fra le foglie aperte come grosse mani protettive; a fatica staccò il primo frutto, piccolo e morbido, grondante di latte come un neonato fra le braccia della madre. Il secondo, più cedevole al tatto, si rivelò  ancora troppo acerbo alla vista e al palato: forse era per questo sovvertire tutte la regole che amava tanto quell'albero così diverso, i cui frutti migliori erano quelli con qualche ruga, da staccare con cura perché molto delicati, mentre passava in secondo piano tutti gli altri così giovani, brillanti e turgidi.

Prese fra le mani un altro frutto, la scorza violacea ed esile si fece da parte senza opporre resistenza mentre ad occhi chiusi lei affondava le labbra perdendosi nella morbidezza succosa e vellutata di quel contenuto che sapeva di proibito. Quel frutto colto al momento giusto era fatica, sesso e amore tutti racchiusi insieme, quel frutto portava in sé  il sapore della vita, era la vita, la vita di una donna che aveva amato tanto e non si sarebbe mai stancata di farlo.. 

Percorse a ritroso il sentiero verso casa, le mani cariche di frutti, gli occhi lucidi nel sole che tramontava e il cuore che batteva..forte..tutum..tutum..

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