Intorno all’oca.. ricordi d’infanzia

Intorno all’oca.. ricordi d’infanzia

2015-11-06 15.30.32Un campo pieno di oche, l'avevo notato già da qualche settimana, uscendo dal paese, sulla strada che porta ad Abbiategrasso e allora l'altro giorno ci abbiamo fatto una puntatina, io, Anna e Francesco, addormentato sul sedile posteriore della nostra Panda gialla, che si ferma appena fuori la cascina, per farci ammirare da vicino lo spettacolo di questa piccola comunità di pennuti. Saranno circa duecento fra oche e anatre, in uno spazio aperto ben organizzato e pulito con addirittura una spa ad accesso libero: una grande vasca in cui sguazzano beate tre ocone starnazzanti, facendoci capire che loro hanno sicuramente un posto di rilievo rispetto alle altre. Quanta vanità -penso- tanto il panettone non arriveranno a mangiarlo nemmeno loro! Quasi mi leggesse nel pensiero, Anna mi dice:" Le vedi quelle tre, là in fondo?  Sono oche "da semenza", quelle che si tengono da un anno all'altro, un maschio e due femmine di solito, che devono deporre le uova per far nascere le nuove oche." Le anatre invece non fanno granchè rumore, forse non si vogliono far notare, sono in minoranza del resto, quasi delle intruse coi loro piumaggi nelle autunnali sfumature dei verdi, in mezzo al candore delle loro  rumorose "coinquiline". Quante somiglianze fra uomini e pennuti, però!

 Alla fine ci decidiamo ed entriamo in cascina per comprarcela un'oca e ci viene incontro una bella signora bionda e rotonda, dall'aria gioviale, che purtroppo ci comunica che le sue oche sono già tutte prenotate e anche da parecchio.. "Dovevate muovervi prima!", sentenzia lei serafica, e io quasi me lo aspettavo, perchè l'oca è un affare serio da queste parti, non puoi arrivare così a un mese da Natale. Ci rimane male anche lei, però, e ci indica un altro allevamento, ma Anna lo conosce, è al chiuso, animali non liberi, non ruspanti insomma e così si torna a casa con le orecchie basse. Durante il mesto tragitto di ritorno, però, succede qualcosa di inaspettato, una conversazione che ti riporto, così com'è venuta.

"Sai -mi dice Anna, mentre la macchina percorre lenta le curve fra i campi e il sole allunga gli ultimi stanchi raggi – quando noi avevamo le oche, c'era gente che ce le prenotava da un anno all'altro, per non rimanere senza."

"Scusa – chiedo io curiosa – ma, noi, chi?"

"Io e i tuoi nonni, avevamo anche le oche nel campo dove adesso c'è casa tua.. ma non ti ricordi?"

"No, mi ricordo il pollaio e le anatre, i maiali, la capra..ma le oche no..e, quindi, come abbiamo fatto a rimanere senza, se sapevi che ci voleva così tanto tempo per prenotarle?"

"E' da qualche anno che la compro al supermercato, sono oche controllate, della zona di Mortara e le posso avere già eviscerate e tagliate come voglio io. Comunque le oche che abbiamo visto oggi erano propio belle, mi fido solo di quelle allevate all'aperto. Noi davamo il pastocc da mangiare e la sera ritiravamo tutti gli animali nel pollaio, perchè, sai, ai tempi li rubavano la notte.."

"In cosa consisteva il pastocc?" chiedo, tentando un abbozzo di intervista.

"Granoturco spezzato, misto ad insalata. Non il solito mangime industriale che danno adesso."

"Quando nasce un'oca?"

"Ma.. verso marzo, aprile. Noi tenevamo solo tre oche di semenza, perchè non avevamo molto spazio, ma c'era chi ne teneva anche una decina e allora potevano vendere anche le uova. Un anno io e la nonna siamo andate a comprarle."

"Che differenza c'è fra un'oca appena nata e un pulcino, da cosa li distingui?"

"Sono diversi, li vedi, no?" mi dice Anna come se la domanda fosse al limite della banalità.

"Quando si ammazza un'oca?" la incalzo io, spostando la discussione sul macabro.

"Verso metà  dicembre, in genere, poi la si deve spennare subito, perchè le penne sono molto dure e se l'oca diventa fredda è quasi impossibile farlo. Addirittura l'ultimo pezzo di ala si taglia, per rimuovere le piume. Poi le oche si fanno frollare per cinque giorni al freddo. Noi le lasciavamo sotto il portico, ma adesso non so come facciano, non fa più così freddo come una volta.."

"Come si ammazza un'oca?" insisto sui dettagli, forse investirò nel settore un domani..

"Non lo so – chiosa lei, eludendo la domanda con nonchalance – me ne andavo quando lo facevano, non mi piaceva guardare!"

"Ma non si può ucciderle con una schioppettata? Soffrirebbero di meno e non le dovresti nemmeno rincorrere!"

"No, non si può! -mi risponde seria – Comunque dell'oca non si butta via niente, quasi come il maiale – ora Anna ha scavalcato le mie domande e parla a ruota libera – persino il sangue si cucinava, con le verze, ma a me non piaceva, era amaro. Via la testa e le zampe, l'oca si taglia a quarti oppure a pezzi. A pezzi è più gustosa, ma da quando ho conosciuto il papà (Maurilio n.d.r) ho cambiato, lui era abituato a quarti."

"Cioè?" chiedo io rivelando il mio tallone d'Achille per le carni in generale..

"A pezzi vuol dire che ad esempio in un pezzo ti può capitare sia il petto che l'ala, mentre in quarti devi togliere il collo e poi dividere il resto in quattro: è più ordinato così."

La macchina si ferma e Anna fa per scendere. "Faccio in un attimo, mi aspettate qui?"

"Beh, si.."  le faccio io, lanciando un'occhiata fugace al mio bambino che dorme placido sul sedile dietro di me.

"Quasi dimenticavo – dice con la portiera già aperta – le oche non devono assolutamente mangiare le foglie di Oleandro, sono velenose! Mi ricordo un anno che le nostre le avevano mangiate ed erano morte."

"Ah, e come avete fatto quell'anno? Siete rimasti senz'oca?" chiedo dispiaciuta per l'accaduto.

"Oh.. non mi ricordo.."

La mia pseudo intervista è finita qui, dove il ricordo si perde e lascia il posto all'immaginazione di chi non l'ha vissuto; ho  rivisto il portico e l'aia della nonna, un lungo tavolo con tante oche allineate nella foschia della sera padana di metà dicembre a prendere freddo, poi mi sono scaldata alla fiamma crepitante di un camino, tanto grande che ti ci puoi sedere dentro e ho guardato in una grossa pentola, accanto a me: un'oca fatta a pezzi, non a quarti, è già pronta e un tavolo apparecchiato con un posto solo per me e un viso che conosco mi guarda, mi sorride, come mi aspettasse da tempo.. La portiera si apre, Anna ha fatto davvero in fretta e si torna a casa, ormai si è fatto tardi, ma quel posto è ancora lì, per me, chissà da quanto c'era e io non lo sapevo, nascosto in un mare di ricordi che non erano neppure i miei..

Continua..

 

About Maria

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *