Natale per sempre

Natale per sempre

Natale per sempre

“Avvisiamo la gentile clientela che il centro commerciale chiuderà fra dieci minuti. Vi preghiamo di ultimare velocemente gli acquisti e di dirigervi verso le casse.”

La voce metallica dell’altoparlante raggiunse la vecchia signora al banco della gastronomia <Di solito chiudete più tardi!> bofonchiò irritata al commesso che le stava tagliando l’ultima fetta di prosciutto.

<Sì, ma oggi è la vigilia di Natale, capirà anche lei che abbiamo tutti voglia di tornare a casa a festeggiare..> le rispose lui, porgendole il pacchetto appena pesato.

<E allora? Non è un buon motivo, siete davvero poco professionali, questa è l’ultima volta che metterò piede qui dentro!>

Magari – pensò il commesso- una rompiscatole in meno!

La signora si avviò alla cassa, dove non perse occasione per vomitare il suo disappunto alla sfortunata di turno, che l’ascoltò pazientemente, mentre le passava sul nastro l’esigua spesa.

<Sono cinque euro e ottantacinque centesimi, signora.> disse la ragazza con tono garbato.

La signora tirò fuori il piccolo portamonete e ne estrasse una banconota da dieci tutta stropicciata e sgualcita come un vecchio straccio, che allungò con noncuranza alla cassiera.

<Ecco il suo resto. Grazie e passi un buon Natale, signora!> fu l’augurio della ragazza, accompagnato da un largo sorriso.

La vecchia rispose con un mezzo ghigno infastidito e si allontanò ciabattando con la sua andatura ciondolante verso l’uscita.

All’apertura delle porte un freddo pungente le entrò nelle narici e una fitta nebbia la avvolse nell’oscurità della sera, mentre parlottando fra sè tornava verso casa < Natale, Natale, tzè..ragazzina gnè gnè..arriverà anche per te il momento della resa dei conti, ci penserà la vita a toglierti quel sorrisetto sfacciato!>

Mentre faceva questi commossi pensieri, arrivò al portone di un fatiscente palazzo alla periferia della città, lo aprì e percorse l’umido androne, illuminato quel poco che bastava per distinguere le porte dai muri; il suo era un appartamento al pianterreno, l’ultimo in fondo al corridoio. Entrò in casa, posò il sacchetto della spesa sul tavolo, la luce era rimasta accesa, ormai non la spegneva più, tanto valeva, visto che gliel’avrebbero tagliata a breve con tutti quegli arretrati che aveva accumulato. Anche il televisore era acceso, un vecchio tubo catodico di vent’anni fa: cominciava in quel momento il tiggì della sera con tutti i servizi sul grande cenone della vigilia. Lei guardò nel sacchetto e ne estrasse il suo cartoccio, lo aprì e mangiò una fetta di prosciutto dopo l’altra, in piedi, con le mani, inutile sforzarsi di apparecchiare; riempì il bicchiere che aveva davanti a sè..fatto! La grande cena della vigilia era stata consumata e senza nemmeno i piatti da lavare! Si stava per sedere sulla poltrona quando si ricordò di avere ancora qualcos’altro nella borsa della spesa: una piccola confezione di cioccolatini, niente di che, ovvio, ma l’aver ceduto a quella piccola tentazione le aveva regalato un inaspettato istante di piacere, alla sola idea di concludere la sua cena con una nota di dolcezza. Così prese il suo sacchetto e si lasciò cadere con un tonfo sordo nella vecchia poltrona di fronte alla tele, lo aprì e con sua grande sorpresa vi trovò un solo cioccolatino, avvolto con cura nella sua carta argento; alzò un pugno al cielo, imprecando, perchè era sicura che ce ne fossero molti in quel sacchetto e che qualcuno l’avesse imbrogliata!  Strinse anche l’altra mano a pugno, chiudendo il cioccolatino in una morsa così stretta che lo fece schizzare fuori dalla carta, imbrattandole la mano. La rabbia della vecchia era al culmine, con i due pugni rivolti al cielo gridò: <Perchè ce l’hai con me?!!>. Rimase così per qualche secondo, poi le braccia le ricaddero di colpo sui braccioli della poltrona e le mani indolenzite si aprirono, rivelando i segni delle unghie che si erano conficcate nei palmi; la vecchia li guardò e d’istinto, come un randagio nella spazzatura, leccò quella chiazza marrone, scintilla della sua rabbia. Un sapore intenso, dolce e al tempo stesso pungente, la fece quasi sobbalzare: possibile che quella sottospecie di cioccolatino a basso costo, potesse nascondere un così raffinato gioiello di pasticceria? Leccò ancora e assaporò, chiudendo gli occhi: l’amaro del fondente di Modica, unito al sentore acidulo di agrumi la catapultò di colpo alla sua infanzia, a quelle corse nell’aranceto del padre, mentre il profumo di quei frutti dalla scorza rugosa le riempiva i polmoni.. Possibile che la pace dei sensi arrivi così, all’improvviso, al culmine di un’imprecazione rabbiosa?

Driiiinnn..Driiinn.. Il campanello della porta la risvegliò dal sonno in cui si era immersa, riportandola alla squallida realtà del suo appartamento, ma chi poteva essere a quell’ora?

<Andate via o chiamo i carabinieri!> urlò lei, pensando ai soliti scherzi sciocchi che le facevano.

< Sono io, apri!> scandì una voce leggera dall’altra parte della soglia.

La vecchia signora sobbalzò sulla poltrona e andò alla porta più in fretta che potè e guardò dallo spioncino: un ragazzo sui trent’anni, alto e con un sorriso radioso aspettava lì fuori. Lei aprì tremando e quando lo vide, i suoi occhi si riempirono di lacrime, fece per dire qualcosa, ma lui la precedette: <E’ ora di andare, mamma, ti aspettano tutti per la cena.> e così dicendo le prese la mano e la accompagnò lungo il corridoio e poi fuori, dove un taxi aspettava. Salirono e si avviarono, percorrendo a ritroso quella stessa strada che lei faceva ogni giorno: la nebbia si era ormai diradata e tante luci colorate facevano capolino dai giardini e dai balconi, quasi a salutare il loro passaggio. Svoltarono a destra e si inerpicarono su per la collina, era una parte della città che lei non aveva mai visto, era stupita per tanta bellezza e armonia e si domandava, rapita da quello spettacolo che le metteva in cuore tanta pace, come non avesse mai notato prima tutto ciò.

Il taxi si fermò all’ingresso di una grande villa, il ragazzo scese, fece il giro della macchina per aprire lo sportello alla madre e le porse la mano per aiutarla a scendere. Lei, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, rapita da quell’inaspettata vista, si accorse che era uscita così com’era, senza nemmeno mettersi le scarpe:< Non sono preparata, non ho i vestiti adatti, sembro una stracciona, ti farò fare brutta figura, e…>

<Ssshh..> la interruppe dolcemente lui  <Sei bellissima , mamma, perfetta così come sei.> e la accompagnò oltre la soglia della grande porta.

All’interno un luminoso salone tutto inghirlandato e nel mezzo una lunga tavola con candidi piatti e cristalli scintillanti la lasciò senza fiato, stava per aprir bocca quando..

<Mamma, ti presento Myriam, mia moglie.> le sorrise lui, cingendo le spalle di una giovane donna dagli occhi scuri e penetranti.

<Allora vi siete sposati poi.. Io non ho più avuto notizie , ma perchè..>

< Nonna, nonna!> Un bel bambino, che poteva avere cinque anni occhio e croce, le corse incontro e le saltò al collo con quell’argento vivo che solo i piccoli possiedono.

<Ho anche un nipote..ma io pensavo che dopo quella sera..>

<A tavola!> una voce alle loro spalle la interruppe e di colpo la vecchia si accorse di tutto quel brulicare di persone attorno a loro: alcuni era sicura di averli già visti da qualche parte, ma altri..ed erano così tanti..

Fu accompagnata al suo posto, sempre con il nipotino fra le braccia, si sedette e guardò nel sottopiatto d’argento che stava sulla tavola,davanti a lei. Lo stupore fu grande quando vide l’immagine di una bella donna, sui quaranta, occhi vividi e lineamenti fini. Non vedeva quel viso da almeno trent’anni, possibile? Si voltò alla sua destra verso il figlio e gli disse:<Ma è tutto vero?>

<Ti sembro forse un fantasma, io?> rise lui e di rimando le pizzicottò dolcemente una mano.

<Allora sono viva anch’io? Sono viva, finalmente!!> e rise come non faceva da tempo, in pace con sè stessa e sorridendo a chi le stava intorno.

<In alto i calici, arriva il festeggiato! Tanti auguri!!!> una voce invitò tutti al brindisi e la signora fece altrettanto, stava arrivando il padrone di casa, lo voleva ringraziare per averla invitata a passare il Natale con la famiglia che non vedeva da anni..eccolo..eccolo che arriva.. al solo vederlo lei si sciolse in lacrime, mentre una gioia bruciante come lava di un vulcano le straripava dal cuore.

<Grazie..> gli  disse lei fra le lacrime <Grazie!>.

Il maresciallo spense la tv, ormai accesa da due giorni, e guardò l’anziana signora, riversa sulla sua poltrona. Poverina, morire così propio a Natale, a volte la vita sa essere davvero crudele, pensò lui, ricordandosi di quel 24 dicembre di sei anni prima e di quella giovane coppia morta in quell’ incidente sulla strada ghiacciata e insidiosa. Ripensò a quella madre che aveva riconosciuto i corpi , solo con un cenno del capo, nessuna parola, e ora, a vedersela davanti così, gli si stringeva il cuore. Sul tavolo un bicchiere sporco e un pacchetto di cioccolatini ancora intatto, attorno la tristezza di una vita finita in solitudine; solo quel sorriso, sul volto segnato dal tempo, stonava con tutto il resto, con quella donna di cui nessuno ricordava nemmeno il nome. Nessuno poteva immaginare che per lei, invece, da quella sera, sarebbe stato Natale, tutti i giorni, per sempre..

 

Crema di Natale2015-12-15 17.17.21

Ingredienti per 6 bicchierini

 2 cucchiai di mascarpone

1 cucchiaio colmo di cacao amaro

2 cucchiai di zucchero a velo

2 cucchiai di Cointreau

briciole di torrone

  • In una ciotola mescola il mascarpone con il cacao, lo zucchero a velo ed il Cointreau. Metti in una sac à poche con la bocchetta a stella e riempi delle mini ciotoline o bicchierini. Rifinisci con delle briciole di torrone.

 

 

 

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